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martedì 12 marzo 2013

DONNA & NATURA


Sappiamo che l'abilità di riconoscere fiori, piante e frutti, di curarli e coltivarli si associa al femminile fin dall'alba dei tempi, tanto che gli studiosi ci dicono che furono le donne le prime ad inventare l'agricoltura, mettendo letteralmente a frutto l'osservazione dell'ambiente e la capacità di sperimentare che ben le caratterizza.
Il patrimonio mitologico di tutto il mondo ci porta memoria di questo rapporto privilegiato tra donna e natura, raccontandoci di una divinità femminile primordiale che nella capacità di generare  incarna la mediazione tra l'umano e il divino.
La ritroviamo nel mito della Madre Terra, nella divinizzazione del regno vegetale  che è Madre Natura, e in ogni espressione dell'archetipo della Grande Madre che dal Neolitico continua a riproporsi in varie forme.
Esempi sorprendentemente simili si hanno con la dea Cibele in area anatolica, Gea nell'area Greca, la Mater Matuta degli Etruschi, la Matka Ziemia dei popoli slavi e così via in tutte le civiltà, fino alla Pachamama degli Inca, la Madre Terra a cui ancora oggi le popolazioni andine tributano riti di restituzione del nutrimento che essa fornisce all'umanità.
Non stupisce dunque che nel momento in cui una donna si accinge a creare arte rivolga il suo sguardo alla Natura, perché è ciò che le è più simile, vicino e familiare. Tuttavia queste testimonianze antiche ci dicono che sarebbe semplicistico banalizzare questo sguardo pensando che sia influenzato esclusivamente dalla quotidiana frequentazione con il mondo vegetale, perché si tratta piuttosto di uno sguardo sacro che sa riconoscere il dono della bellezza divina del Cosmo e celebrarlo.
Le donne vedono i colori della Natura e non vedono solo il verde.

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